Rare Exports è una sorta di favola nera che può permettersi un vestito piuttosto serioso in virtù del sottile ma ficcante senso del surreale di cui è intrisa.
Nel cuore delle Korvantunturi, a 486 metri di profondità nella catena montuosa che incorona la punta estrema della Finlandia, è conservato e imprigionato il più stupefacente segreto che il folklore natalizio possa ricordare. Un segreto che smentirà molte delle nostre credenze sulla festa più benevola dell’anno, e che trascinerà il piccolo Pietari (Onni Tommila), il padre Aimo (Jorma Tommila) e i loro amici in un’avventura che metterà a repentaglio la propria vita e il futuro dei bambini di tutto il mondo.
Secondo una certa tradizione folcloristica germanica, Babbo Natale non sarebbe altro che un demone divoratore di bambini redento da San Nicola e convinto – o costretto – a scontare ogni anno i propri peccati portando doni a quelle che erano le sue vittime d’elezione intabarrato in un ridicolo vestito rosso affibiatogli all’ inizio del secolo scorso dalla Coca-Cola.
Una variazione della stessa sostiene invece che il demone venne imprigionato in una trappola di pietra e ghiaccio, dalla quale non avrebbe potuto perpetuare la propria tradizione infanticida. Almeno finchè i soliti ignari, nel classico misto di stoltezza e avidità, non lo avessero incautamente liberato. E qui, complice un breve prologo, prende le mosse Rare Exports, primo lungometraggio di Jalmari Helander, già autore della coppia di quasi omonimi corti che negli ultimi due lustri hanno iniziato a sviluppare l’idea forte di questo Rare Exports, finalmente concretizzatosi a cavallo dell’onda di ottimismo produttivo che ha investito la Scandinavia dopo il – meritatissimo – successo di Let The Right One In.
Incasellato per un assai discutibile calcolo commerciale nello spersonalizzante calderone delle horror comedy Rare Exports, pur vivendo su un sottinteso intrinsecamente giocoso, è piuttosto una sorta di favola nera che può permettersi un vestito piuttosto serioso in virtù del sottile ma ficcante senso del surreale di cui è intrisa, una surrealtà che va a nozze con l’alienante aria di frontiera che si respira ai piedi delle Korvantunturi, secondo un meccanismo già sperimentato con successo in The Troll Hunter: ai margini selvaggi della civiltà tutto è possibile, e quanto altrove è folklore da manuale di antropologia qui è concreta quotidianità, a un passo da noi. In questo senso la sceneggiatura – di cui Helander è co-autore – si rivela assolutamente funzionale al mood straniante e rarefatto su cui è costruita la pellicola: cauta e ben orchestrata in tutto il suo dipanarsi, piuttosto che cadere in un facile sensazionalismo che avrebbe banalizzato tutto l’impianto – anche se a un certo punto sembrerà essere quella la piega presa dal twist finale – a conti fatti si prende tutto il tempo necessario a raccontare una storia fatta di gelo, isolamento e folklore e viaggia solida verso uno sviluppo ricco di colpi di scena e singolari trovate che faranno da apripista a un epilogo delizioso, condotta per mano dalla sempre solida e misurata mano del regista. Rare Exports funziona anche grazie alla validità del proprio cast che, escluso Jonathan Hutchings nei panni dell’inquietante Bryan Greene, è interamente composto da attori finlandesi, tra i quali spicca il giovanissimo Onni Tommila, vero mattatore di tutta la vicenda. A tratti imperfetto ma indiscutibilmente ben studiato e realizzato, Rare Exports ha poi il grande pregio di proporci il più inquietante e fascinoso Babbo Natale che la tradizione horror-natalizia ricordi, con buona pace dei vari Santa’s Slay e Black Christmas d’annata. Vedere per credere.
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.