Nel complesso il film non è da buttare, ma è pieno di difetti che ti aspetteresti solo da una copia lavoro non ancora terminata.
Wes Craven sono anni che ci prova a creare un baubau della stessa potenza ed effetto del suo famigerato Freddy Kruger, ma gli esiti sono sempre stati deludenti a cominciare dal suo amato Sotto Shock che non portò agli allori il villain zoppo Horance Pinker. Peccato perchè il film del 1989, pur con cadute di tono evidenti, era un visionario horror che sarebbe potuto diventare cult e generare seguiti su seguiti.
D’altronde, se una saga mediocre come Prom night ha sfornato ben due altri capitoli, perchè non Sotto Shock? Misteri della fede. Il buon Wes ci riprova con un altro cattivo, questa volta schizofrenico, dotato di sette personalità contrastanti come nel film Identità di James Mangold, capace di passare da pater familias amorevole a serial killer armato di coltellaccio con tanto di scritta “Vendetta” incisa sopra. Naturalmente il mostro ci rimette le penne, non dopo però aver massacrato un po’ di persone ed essere resuscitato quelle due o tre volte di rito, ma, potenza del destino dalla sua morte, nascono sette bambini nel vicino ospedale, sette reincarnazioni delle sue anime, compresa naturalmente quella più oscura. Leggenda vuole, visto che il corpo del massacratore scompare nelle paludi per via di un incidente, che non sia morto e che presto ucciderà i sette per riprendere le sue anime. Sedici anni dopo il mostro ricompare. La storia non è male e tanto di cappello a Wes che gira davvero in maniera ispirata tanto da creare una scena da antologia: l’attacco di un nerd vestito da corvo gigante ai danni di un teppistello, una cosa così folle da non crederci finchè non la vedi e quando la vedi non ti capaciti della suspence che il regista riesce a conferire alle immagini senza cadere nel ridicolo. Il film poi, sia dato atto, è compatto, serio, senza concessioni a quell’umorismo che il regista ci aveva abituati in Scream, le morti sì sono quasi tutte fuori campo, ma il sangue comunque scorre copioso soprattutto nelle coltellate inferte ai malcapitati. Un buon film quindi? Assolutamente no e lo dico con un certo rammarico, anche se nel complesso il film non è da buttare, ma è pieno di difetti che ti aspetteresti solo da una copia lavoro non ancora terminata. In primis è lunghissimo, qualcosa come quasi due ore, eppure non riesce ad avere il fiato lungo anzi dilata scene inutili e condensa gli omicidi e la parte finale in un tempo relativamente troppo ristretto col risultato di terminare in maniera frettolosa la vicenda. Perchè è assurdo che metti in scena sette personaggi e non cerchi di analizzarli neanche un attimo rendendoli carne da macello da fast food: questo te lo aspetteresti da un signor nessuno, ma non da un regista che nel bene o nel male ha fatto la storia del cinema horror. Che questo My soul to take fosse un esercizio, un antipasto in attesa del ben più succoso Scream 4? Chissà. Sta di fatto che il film è pieno di buchi logici, di scelte poco condivisibili (l’effettivo assassino non lo si vede mai indossare il costume da killer), di facilonerie che culminano con un mortale happy end, senza quel “lepre” che Fulci inseguiva film dopo film, ovvero quel guizzo che trasforma l’opera anche più brutta in qualcosa di memorabile. Eppure sarebbe bastato davvero un po’ più di attenzione perchè né il tanto odiato Cursed né il sottovalutato Red eye erano prodotti così infimi. E noi un po’ ci speriamo che Wes Craven sforni un capolavoro dopo tanto tempo. Siamo con te Wes!
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.