Apocalittico Cup of my Blood

Cup of my Blood

L’intento narrativo della pellicola scritta a quattro mani con il complice Kenneth Nilsson è nientemeno quello di dipingere una delle tante apocalissi possibili.

Jack Fender è un fotografo di talento che ha perso ispirazione e musa in un tragico incidente di tre anni prima, e vivacchia mettendo il proprio talento al servizio di un sito pornografico di proprietà del losco Sparky. Ma un inspiegabile incidente darà un’inaspettata svolta alla sua vita, mettendogli tra le mani quella che sembra proprio essere il Sacro Graal: da quel momento strani accadimenti inizieranno a sconvolgere la vita di Jack, finchè un inatteso incontro gli restituirà l’ispirazione e la terribile verità dietro a quegli inspiegabili fatti.

Lance Catania è uno di quegli indefessi professionisti del mondo del cinema che troppo spesso la macchina ha relegato a quei dietro le quinte quasi del tutto privi di onori e visibilità, ma che stoici continuano a esercitare la propria indiscussa perizia alla luce di ribalte assai ridotte. Discorso che vale almeno finchè il nostro si limita all’esercizio delle proprie competenze, perché quando allarga il raggio d’azione e, putacaso, insieme al classico ruolo di direttore della fotografia il nostro Lance si ritaglia anche il ruolo di regista e sceneggiatore, gli angusti e polverosi angoli in cui è stato relegato assumono contorni decisamente meno immeritati. Per amore di sintesi, Cup of my blood è un film orrendo con una bella fotografia, drammatica ed evocativa: un po’ pochino, considerato che l’intento narrativo della pellicola scritta a quattro mani con il complice Kenneth Nilsson è nientemeno quello di dipingere una delle tante apocalissi possibili, quella della millenaria dicotomia inferno/regno dei cieli, con tutti gli annessi e i connessi del caso.

Un compito reso ancora più arduo dall’evidente mancanza di budget importanti, limite che richiederebbe un ulteriore sforzo di spremitura di meningi che, nei fatti, non fanno che buttare in pasto agli spettatori quante più suggestioni possibili senza preoccuparsi minimamente di conferire un filo logico al tutto. Pornografia, delinquenza, toni apocalittici, fantasmi pregni di suggestioni visive a là Dia del Los Muertos, il Sacro Graal, traumi pregressi e donne nude sono gli elementi sparsi del calderone in cui viene proiettato il protagonista Daniel Patrick Sullivan/Jack Fender, disorientato ,alla pari dello spettatore, come un bambinetto sperso in spiaggia, con la sola differenza che in quest’ora e mezza di confusione e tedio almeno il buon Jack riesce a mettere un paio di volte le proprie grinfie sulla bella e scarsa Janina Gavankar/Iona mentre a noi non restano altro che i dialoghi indecenti, le scene di puro minutaggio, sesso e religione in salsa pomposamente eighties un finale che dovrebbe essere il climax di una vicenda in cui sono in ballo le sorti dell’umanità girato con il ritmo e la cattiveria di un intervallo RAI. La cronaca e l’ironia della sorte ci raccontano come, incoraggiato dall’esito di questo primo lavoro – siamo nel 2005 -, Lance Catania si sia lanciato in una parallela carriera di regista che prosegue tutt’ora: nulla, eccetto un corto, ci è invece dato a sapere riguardo alla sua carriera di direttore della fotografia.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Altri articoli:

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.

Horror Community

[captain-sign-up text="Partecipa al gioco"]

Focus on

Categorie degli articoli

ebook gratis


    Ai lettori di Horror.it, regaliamo una ghost story inedita di Andrea G. Colombo. Buona lettura!
  • RSS
  • Twitter
  • Facebook
%d blogger cliccano Mi Piace per questo: