Alla luce di Centurion, è piuttosto difficile capire quale sia effettivamente la strada imboccata da Neil Marshall all’alba del post-The Descent.
Britannia, 177 a. C. La fino a quel momento travolgente marcia di conquista dell’esercito romano guidato dal proconsole Giulio Agricola viene seriamente messa in discussione dalla strenua resistenza dei Pitti, popolazione gallica le cui letali tecniche di guerriglia stanno falcidiando le fila dell’armata di Roma.Sorte analoga spetta alla pur temibile Nona Legione del Generale Tito Flavio (Dominic West), caduta in un’imboscata e letteralmente sterminata. Ai pochissimi superstiti non resta che ripiegare verso territori più sicuri, ma sulla loro testa pende la sentenza di morte di Gorlacon, Re dei Pitti. Guidati dal coraggioso centurione Quinto (Michael Fassbender) e inseguiti da un nutrito gruppo di cacciatori capitanato dalla letale Etain (Olga Kurylenko), ai fuggitivi non resterà che tentare una fuga disperata, mentre il cerchio intorno loro si farà inesorabilmente sempre più stretto.
Alla luce di Centurion, è piuttosto difficile capire quale sia effettivamente la strada imboccata da Neil Marshall all’alba del post-The Descent, capolavoro assoluto dell’horror dello scorso decennio: considerata quest’ultima fatica insomma, la rotta intrapresa dallo stuzzicante ma fatalmente imperfetto Doomsday non sembrerà più un’eccezione più largamente di genere concessasi dal regista eletto alla modernizzazione dell’old school horror, ma una scelta di campo che, se ulteriormente confermata, non farà che allontanare Marshall da quel contesto filmico in cui tutti vorremmo continuasse a lavorare per dedicarsi a progetti che, ora infilati in corazze post-atomiche, ora teletrasportati indietro di duemila anni, tradiscono una limpidissima natura action/adventure, dinamitarda e guerresca in senso lato, che dall’horror mutuano il gusto per la cruenza grafica, per il sangue a fiotti e poc’altro. Ma Centurion, ahinoi, pur essendo complessivamente più a fuoco del suo predecessore, ne mantiene invariati alcuni gravi difetti: su tutti una sceneggiatura che, tale e quale a quella di Doomsday, non riesce mai a dare del tutto l’idea di un’omogeneità di fondo, procedendo per strappi e tentativi, con poca convinzione e troppa fretta: sembra quasi che Marshall, nell’attesa di poter sfogare tutta la sua indiscussa capacità di accendere micce e aspettare che le cariche deflagrino – la scena dell’imboscata alla legione è, prima e dopo, assai efficace – faccia fatica a gestire le tentacolari macrosituazioni in cui pretende di precipitare i propri personaggi – l’Inghilterra post- virus Reaper prima, le campagna romana in Britannia ora -, sacrificando immediatamente un ampio respiro ormai messo in gioco per concentrarsi sulle vicende dei singoli.
Singoli che, se per quanto riguarda il protagonista Michael Fassbender sembrerebbero sapere il fatto loro, crollano miseramente quando entrano in gioco le loro nemesi: la totale mancanza di carisma della pur splendida ex-bond girl Olga Kurylenko (Quantum of Solace) e delle sue maestranze è un colpo decisamente duro alla solidità dell’insieme, considerando il peso specifico che il suo ruolo ha nella vicenda. E’ pur vero che sempre di percorso, e quindi di dinamismo intrinseco, si sta parlando, e il contesto storico/politico di Centurion, rispetto all’assoluto disimpegno post-apocalittico di Doomsday, permette di sviluppare i discorso su più piani, aggiungendo qualcosa a quella che altrimenti sembrerebbe una formula fissa e cristallizzata. La guerra di conquista dell’impero romano permette al regista di giocare con parallelismi storici piuttosto efficaci: nelle parole dello stesso Quinto, il pantano politico e militare in cui si muove con immane fatica il gigante romano è una guerra infinita, e la sua stessa vicenda tradirà tutte le ipocrisie e la spietatezza di una real politik che gioca sulla pelle di migliaia di uomini in una guerra di conquista e civiltà, due opposti e brulicanti eserciti di formiche il cui identico istinto di sopravvivenza obbliga meccanicamente a massacrarsi ad oltranza. Una chiave di lettura che potrà anche apparire vagamente retorica, ma che è inserita con la giusta misura nel tessuto narrativo del lavoro, conferendogli maggior spessore pur non andando a riempire quei vuoti a cui non mai avremmo pensato di doverci abituare trovandoci di fronte a una pellicola di Marshall: ma questo è probabilmente il prezzo dell’action, con buona pace di chi sta ancora aspettando il nuovo The Descent.
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.