Produrre pellicole come questa significa, molto prosaicamente, essere diventati qualcuno.
Tra un inseguimento all’ennesima pupa maggiorata ed uno spot televisivo per uno dei suoi innumerevoli sponsor, non si può certo dire che per il wrestler/agente segreto El Superbeasto la vita scorra tra mille complicazioni.
Tutto diventa però decisamente più ostico dal momento in cui il super villain Dr. Satan, fiancheggiato da un letale esercito di gorilla assassini, si mette alle calcagna di quella che, diventando la sua compagna perfetta, gli permetterebbe di accrescere enormemente i propri poteri e conquistare il mondo. Suo malgrado coinvolto in un complotto che potrebbe compromettere il futuro dell’umanità ed affiancato dalla sorellastra e letale avventuriera Suzie X e dalla di lei robotica spalla Marvin, El Superbeasto si ritroverà a rappresentare l’unica speranza di salvezza per la nostra amata Terra. E, ovviamente, ci sarebbe da risolvere la questione di quell’esercito di nazi-zombie inferociti con Suzie X per il furto della testa del loro amato Fuhrer…
Produrre pellicole come questa significa, molto prosaicamente, essere diventati qualcuno. Poter trasferire su supporto fisso ed immortale, sostenuto da un potente impianto promozionale e distribuibile su larghissima scala quella che molto probabilmente è la realizzazione in scala 1:1 delle largamente censurabili fantasie del se stesso quindicenne, non è affare da tutti. Se poi quell’ex quindicenne risponde al nome di Robert Cummings, incarnatosi poi nei ben più celebri panni di Rob Zombie, è decisamente facile ripercorrere a ritroso quel multiforme percorso tematico che, dall’ultima fatica cinematografica del nostro – il discutibile Halloween 2 – ci riporta alla data di fondazione dei seminali White Zombie nel cuore degli eighties, ed ancora più indietro, quando tutto probabilmente prese il via nel fertile immaginario di di un adolescente del Midwest bombardato dalle più popolari ed efficaci forme d’intrattenimento made in USA – dai comics al cinema di genere, dal porno al rock, da Playboy al wrestling – e poi ulteriormente mutata nel suo percorrere una strada lastricata di siliconico edonismo reaganiano, cinematografia horror estrema e convenzionale pop culture a stelle e strisce. La forma molto embrionale di tutto quello che sarebbe poi diventato il gusto stilistico e tematico di Zombie, non a casa il più americano dei registi horror di (pen)ultima generazione, prima codificato sul comics creato dallo stesso Rob e poi portato su celluloide non senza fatica col suddetto nei panni del regista/produttore in combutta con Mr. Lawrence e Carey Yost.
Poco a che vedere con quanto mostratoci dal buon Rob nelle sue esperienze più puramente cinematografiche: quello di The Haunted World of El Superbeasto non è lo Zombie esordiente de La Casa dei 1000 Corpi, divertito musicista momentaneamente fuori posto spudoratamente impegnato in un lurido e dichiarato tributo a The Texas Chainsaw Massacre: è piuttosto l’affermato regista che da voce al ben più imberbe, ingenuo ed anarchico quindicenne Robert Cummings, orgogliosamente a digiuno di equilibri, senso della narrazione e qualsivoglia forma di autocensura, e sostituiti con spirito di assoluta equivalenza da quintalate spinte di ultraviolenza, citazionismo compiaciuto ed un selvaggio tette&culi quasi da far quasi invidia ad un Fritz il Gatto qualsiasi, e semplicemente perchè a questo punto della sua carriera ha conquistato sufficiente credito, professionale e pecuniario, da poterselo permettere e togliersi lo sfizio di dar voce al fanciullino yankee che langue in lui, e che non avrebbe potuto scegliere altro che il formato cartoonesco per proiettare fuori dalla propria testa quanto lì ribolliva da tempo. Non c’è nessuna altra ragione perchè un progetto del genere abbia ragion d’essere: divertimento doveva essere, e divertimento nei fatti è, certo banale, triviale e totalmente ignorante, ma altrettanto scevro di una qualsiasi forma di contenimento del danno che l’avrebbe sostanzialmente privata della sua unica ragione di vita. Certo, ci sono Paul Giamatti, Sheri Moon Zombie e Rosario Dawson ad arricchire il gruppo dei doppiatori, ma dopo cinque-minuti-cinque di pellicola il doppiaggio non risulta poi così importante. Guardatevelo, godetevelo fino in fondo e dimenticatelo: nulla di meglio per quanto non dovrebbe essere altro che un sincero tributo ad un passato solo momentaneamente dissepolto, tutt’altro che rinnegato ma decisamente e naturalmente evoluto.
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.