Intervista film Daybreakers: La Parola ai Registi

Daybreakers: La Parola ai Registi

“Le riprese sono effettivamente finite nel 2007, quindi abbiamo affrontato una fase di post-produzione veramente lunga”.

Dalle colonne di BloodyDisgusting, anche gli Spierig Bros (Undead) ci assicurano che questa sarà davvero la volta buona: Daybreakers è vivo, vegeto e quasi distribuibile – esordirà nelle sale USA a gennaio 2010 -. Nelle parole della coppia di registi, alcune delle tappe di un calvario produttivo mai così attuale.

Come siete arrivati a sviluppare in quel modo quel tipo di storia?
Michael: L’idea di fondo è stata quella di partire da un mondo governato dai vampiri. Abbiamo passato un paio d’anni a sviluppare e riordinare le idee intorno a questo assunto iniziale. Il nostro non è il classico mondo post-apocalittico dove tutto è stato distrutto e ogni forma di civiltà è stata rasa al suolo. Preferiamo riflettere sull’eventualità che la nostra società, così come la conosciamo, sia venuta a contatto con una realtà chiamata vampirismo ed abbia deciso di integrarlo in qualche modo nel proprio tessuto sociale. Questo ci ha messi davanti a centinaia di interrogativi: abbiamo iniziano delineando il protagonista principale e da quello tutto il resto, fino al personaggio interpretato da Sam Neill, aggiunto nelle battute finali.

Una pellicola piena zeppa di spunti. Avete inizialmente sviluppato un montaggio più corposo, c’è in programma una quale versione director’s cut?
Michael: Mi piacerebbe rimettere mano a quel mondo e sviluppare altre idee. Non esiste al momento un montaggio più lungo, ma ovviamente abbiamo dovuto escludere dalla sceneggiatura finale una montagna di idee. Avremmo già sufficiente materiale per un prequel e per un sequel!
Peter: Avevamo addirittura pensato a cose folli come la vampirizzazione degli animali. E’ un elemento che viene brevemente citato nella pellicola, ma nulla a che vedere con quanto avevamo inizialmente pensato e poi scartato nello sviluppo finale del film. Dopotutto la nostra finalità principale è sempre stata quella di afffrontare approfonditamente la tematica centrale dello script, e questo a volte costa grandi sacrifici.

Ci sono voluti tre anni affinchè la pellicola raggiungesse finalmente le sale. Perchè tutto questo ritardo?

Peter: Le riprese sono effettivamente finite nel 2007, quindi abbiamo affrontato una fase di post-produzione veramente lunga. Il primo test screening ha avuto esiti davvero confortanti, così alla Lionsgate si sono concessi ulteriore tempo per scegliere la data ideale per lanciare la pellicola. Volevano assicurare a Daybreakers un weekend d’esordio che non fosse già pieno zeppo di titoli ad ingolfare i programmi delle sale, come del resto è successo per il periodo estivo e quello immediatamente successivo. Quella dei weekend è ormai diventata una vera e propria guerra, ogni fine settimana è sistematicamente coperto da 2/3 pellicole esordienti: al giorno d’oggi la data d’esordio determina nei fatti la vita o la morte commerciale di un prodotto.

Come già successo con Undead, anche per Daybreakers vi siete personalmente occupati degli effetti speciali…
Michael: Dei circa 500 effetti speciali del film, 350 sono nati dal nostro esclusivo lavoro. Senza falsa modestia, abbiamo affrontato processi piuttosto complicati, modificando la struttura di diversi ambienti urbani: essendo agli sgoccioli in termini di budget, non abbiamo avuto altra scelta.

Arrivando dalla scena indipendente, come avete affrontato la produzione di una pellicola prodotta dagli Studios?
Michael: Quello che trovo divertente è che tutto considerano Daybreakers uno studio film quando sostanzialmente non lo è, e non per una questione di mancanza di rispetto nei confronti della Lionsgate. Sono stati assolutamente disponibili nei nostri confronti, soprattutto durante le fasi di scrittura e di preproduzione, lasciandoci poi carta bianca nelle fasi di produzione, proprio come succede per le produzioni indipendenti.
Peter: Credo che alla Lionsgate funzioni il criterio secondo cui affidare un progetto ad un filmaker significhi lasciare a quel filmaker la libertà di cui ha indiscutibilmente bisogno. C’è molto rispetto in questo tipo di atteggiamento.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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