Non che The Tripper ribalti chissà quale regola aurea del genere, o introduca dinamiche innovative, ma è un filmettino decisamente ben girato e ben interpretato.
A volte ritornano, e gli anni non sembrano aver piegato le loro schiene, nè la ferra volontà nel raggiungere i propri scopi. Ci hanno insegnato che la regola vale per qualsiasi figlio del regno del fantastico, perchè non dovrebbe valere per l’assolutamente reale, misurabile, e indiscutibile President Evil?
Anni ’60: mentre dall’altra parte del mondo infuria senza sosta la guerra del Vietnam e l’allora governatore Ronald Reagan ammaestra il popolo a stelle e strisce via TV, i boscaioli del Midwest americano si ritrovano a doversi confrontare sempre più spesso con l’opposizione di gruppi hippie ecologisti. Proprio durante una di queste accese dispute il piccolo Gus, intenzionato a vendicare il padre aggredito da un dimostrante, in un inspiegabile(?) accesso d’ira uccide l’uomo a colpi di motosega.
Passano gli anni, le mode ed i repubblicani al potere, ma ancora sotto l’egida di George W. un gruppo di amici tiene alto l’onore degli hippie che furono, aggirandosi per quegli stessi boschi stracarico di droghe e diretto ad un nostalgico raduno Woodstock-style. Ma oggi come allora, l’onesto cittadino non ha nulla da temere: tra quegli alberi aleggia nemmeno troppo invisibile lo spirito incarnato di un Ronald Reagan rigorosamente all’arma bianca, determinato come non mai ad estirpare una volta per tutte la minaccia hippie da quei placidi luoghi.
Tanto di cappello a David Arquette: prevedibilmente condannato ad una consegna ai posteri negli indimenticabili quanto strettini panni del vicesceriffo Linus della serie di Scream, è riuscito a ritagliarsi uno spazio ben più nobile in qualità di regista di genere ed a colpire nel segno al primo, effettivo tentativo. Perchè se dirigere decentemente uno slasher è tutt’altro che impresa improba una volta messo da parte un po’ di mestiere, tirare fuori da quello che nei fatti è il pozzo più abusato del genere horror qualcosa di brillante, beh, è tutt’altra storia. Non che The Tripper ribalti chissà quale regola aurea del genere, od introduca dinamiche innovative, ma è un filmettino decisamente ben girato e ben iterpretato, divertente e cinematograficamente intelligente. Fare riferimento ad un momento storico fondamentale nella storia degli States, estrarne due tra degli attori principali, dicotomici ed attualizzabili – Regan e gli hippie – ed infilarli tutt’altro che a forza in un contesto moderno è il felice background inziale su cui Arquette ed il cosceneggiatore Joe Harris (Witchwise, Darkness Falls) iniziano a costruire lo sviluppo della storia. Ma ben coscienti dei rischi a cui si può andare incontro maneggiando certa materia, i due si guardano bene dal gironzolare nel campo minato di una qualsivoglia reale argomentazione politica, limitandosi a satireggiare con ironia e leggerezza secondo schemi che sono sempre e comunque funzionali all’economia della narrazione, imbottendo di qualsiasi droga conosciuta gli sballati protagonisti – e vittime sacrificali – e mettendosi in disparte a guardare l’effetto che fa.
Ma contrariamente a quanto succede ad esempio nell’osceno Shrooms – con cui The Tripper condivide una certa passione per l’abuso chimico – Arquette non approfitta dell’elemento lisergico per lanciarsi in quelle insopportabili e ripetute svisate allucinogene con cui Breathnach cercava di allungare la sua brodaglia, anzi: la mano del regista tiene sempre ben salde le redini del racconto, disloca con abilità il piccolo e colorito esercito di protagonisti e comprimari di cui si è intelligentemente circondato, conscio dei rischi che una scarsa quantità e qualità delle caratterizzazioni porta con sè, giochicchia con la trama ed il suoi sviluppo senza dare l’impressione di prendere dolosamente tempo. Più che per l’intrico e la risoluzione di una trama intenzionalmente prevedibile, ciò che si apprezza maggiormente è la divertita e divertente foggia che la solida mano di Arquette riesce a dare all’insieme; forte, anzi fortissimo, della presenza del buon vecchio Ronnie, nei fatti uno dei più autoritari, potenti e bastard boogeyman commissionario che la storia ricordi, una volta tanto deciso a scendere in campo e a fare tutto da sè. Magari il male riuscisse sempre ad abbinare alla sua sostanziale banalità di fondo una tale carica di carisma e malvagia professionalità: il nostro genere preferito non potrebbe che giovarne.
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.