Se possiamo non storcere il naso davanti agli evidenti limiti, soprattutto imputabili alla frettolosa produzione, Perkins’ 14 è un film per certi versi notevole.
E’ una notte di ricordi per lo sceriffo Dwayne Hopper: dieci anni fa suo figlio è stato rapito da uno sconosciuto e da allora non è stato più trovato. La moglie ormai lo disprezza, la figlia lo ignora, i colleghi lo trattano con sufficenza: per questo nessuno gli crede quando asserisce di avere arrestato il rapitore di suo figlio.
Perkins’ 14 nasce da un anomala campagna pubblicitaria: gli utenti del sito Massify.com hanno potuto votare il miglior soggetto da concretizzare in un futuro film horror. Giudizio popolare elevò dal limbo empirico delle idee alla concretezza del girato questo Perkins’ 14. Anche per la scelta degli interpreti si segui’ lo stesso originale processo generando in questo caso però uno dei più curiosi casi di miscasting con attori spaesati in ruoli inadatti o, nel peggiore delle ipotesi, sotto il livello di guardia. La stessa confusione purtroppo abbraccia anche la sceneggiatura, probabilmente fatta in fretta e furia per essere data in pasto ai suoi committenti, con una certa approssimazione nel raccontare i mostri del film, i 14 bambini di Perkin, che fino alla fine non si capirà perchè agiscono come zombie di ultima generazione, quelli dei vari Danny Boyle o Zack Snyder.
Cioe’ sappiamo che sono persone vissute in cattività , drogate, picchiate, torturate fino a impazzire, ma perchè il cannibalismo con tanto di budelle sparse nell’ “orrido pasto”? Non c’è spiegazione logica se non quella che muove le regole più oscure del cinema exploitation, quella che un tempo faceva lottare un morto vivente con uno squalo, che ha fatto incontrare Maciste con Zorro, che ha dato a Dracula un cane e fatto tremare tutti gli incontinenti del mondo dando come casa un cesso ad un affamato demonietto di nome Ghoulies. Ma se possiamo non storcere il naso davanti agli evidenti limiti, soprattutto imputabili alla frettolosa produzione, Perkins’ 14 è un film per certi versi notevole. Merito soprattutto della veloce e non banale regia di Craig Singer che sa creare suspence anche in scenari ormai abusati come il classico luogo chiuso dove i sopravvissuti si barricano nel finale. Non mancano nella regia di Singer tocchi di grazia estetica nella composizione di immagini non solo brutali: si pensi alla morte di un personaggio principale raccontata attraverso immagini sfuocate da una fortissima luce, modo originale per destrutturate la narrazione e cercare strade artistiche diverse in un horror tutto sommato nato sotto la stella del deja vu.
Notevole l’idea di fondo della sceneggiatura che, come già Baby killer di Cohen, pone i mostri come frutto dei nostri peccati: questi assassini, queste bestie che arrivano ad uccidere senza ragione, sono il nostro seme, i figli che amorevolmente accudivamo. Lo stesso Perkin, autore del folle e scellerato piano, è vittima dei suoi stessi genitori, di un’educazione violenta che ha generato altra violenza in uno schema cannibale che porta i genitori a massacrare i propri figli o essere massacrati. In ogni caso, questo bisogna concederlo a Perkins’ 14, c’è un’aria di nichilismo esasperato, di sfiducia completa verso il genere umano, di apocalisse senza uscita che non lascia spiragli romeriani neppure nel finale. Nel cast, terribile e scellerato, si salvano soltanto il protagonista Patrick O’Kane, molto bravo e convincente nel ruolo del padre inconsolabile, e la graziosa Mihaela Mihut. Il film fa parte degli After dark horror che già distribuirono il precedente e non disprezzabile lavoro di Craig Singer, Dark Ride. Con i suoi pro e i suoi contro Perkins’ 14 è comunque un film che potrebbe regalarvi una serata di sano horror divertente, uno spettacolo che fin dai cartelloni ci promette uno spettacolo d’altri tempi, gore da drive in con un certo stile. Per chi si accontenta non è male.
Nota a margine: Ringrazio l’amico Antonio D’Astoli, il più grande conoscitore della saga di Phantasm di Coscarelli, per avermi fatto conoscere questo Perkins’ 14. I suoi suggerimenti sono sempre ben graditi dal sottoscritto.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.