Sono già in molti ad intravvedere tra le pieghe sanguinolente di Botched le stimmate del potenziale cult.
Ritchie (Stephen Dorff) è un ladro professionista tanto bravo quanto sfortunato: l’ennesimo contrattempo vanifica la sua possibilità di riscattare il debito contratto con l’uomo che lo tiene in pugno, il pericoloso gangster Mr. Gronznyi.Ultima possibilità concessagli dal malvivente, l’incarico di recarsi a Mosca a recuperare una preziosa croce ortodossa custodita in cima ad un grattacielo del centro cittadino. Il colpo va a buon fine ma sulla via del ritorno l’ennesimo imprevisto rischia di mandare tutto a rotoli: l’ascensore resta bloccato al tredicesimo piano del palazzo, un livello che non dovrebbe esistere, intrico di corridoi e stanze sensa senso apparente. Ed infestato da un misterioso e letale assassino che inizierà a decimerare le fila di rapitori ed ostaggi.
Anomalo, si direbbe. Nessun aggettivo sembrerebbe più calzante per questo Botched – Paura e Delirio a Mosca – altrove conosciuto come 13 – , opera prima del regista Kit Ryan. Anomalo, perchè nonostante sia girato dal nostro esordiente senza particolare vèrve o gusto registico, finanziato con evidentemente scarsi fondi misti tedeschi,americani,inglesi ed irlandesi, sostenuto da un’ossatura narrativa – tre sceneggiatori accreditati! – che in sostanza non c’è, e quando c’è è di un’idiozia ai limiti della decenza, nonostante tutto, funziona. Ma a ben pensare è una forma di anomalia assolutamente fisiologica per un genere come l’ horror comedy, a cui basta ed avanza una rosa di gag efficaci, una manciata di capriole slapstick ed un branco – ma quale branco, possono bastarne un paio – di personaggi creati con criterio ed una dose di sana inventiva per far funzionare, e più che bene, tutta la giostra. Giusto per chiarire in che territori siamo: il misterioso assassino che infesta il temuto tredicesimo piano è una sorta di belluino ed idiota guerriero medievale erede dello spietato Ivan il Terribile, in costante caccia di carne umana da sacrificare in oscuri rituali pagani.
E quando nel suo territorio di caccia finiscono gangster ed ostaggi, inizia il tango. Chiaro e conciso. Una danza che è sostanzialmente un costante giocare del gatto col topo, con ruoli tutt’altro che fissi e variamente ribaltati, in un inseguirsi senza sosta tra i corridoi tutti uguali e disseminati di trappole mortali del piano maledetto. Allegri smembramenti e fiotti di sangue classicamente splatter accompagnano la lotta per la salvezza – e per il bottino – dei due protagonisti principali, il muso randagio dell’indolente ex divetto hollywoodiano Stephen Dorff (Space Truckers, Blade) e della conturbante Jaime Murray (la Lila Tournay del serial Dexter): ma il vero valore aggiunto della pellicola sono i personaggi di contorno che, tra rapinatori dal grilletto facile (Jamie Foreman) e sciroccate col pallino della religione (Bronagh Gallagher), raggiungono l’esaltazione della vis comica nella figura di Boris (Geoff Bell), cialtronesca guardia giurata aspirante alpha male assolutamente irresistibile. Sarà certo faciloneria, ma difficilmente gli ormai furbetti matrimoni tra frattaglie assortite e sane risate di pancia mancano il colpo, in contesti in cui tutto il resto può tranquillamente mancare. Sono già in molti ad intravvedere tra le pieghe sanguinolente di Botched le stimmate del potenziale cult: potrebbe anche non diventarlo, accontentandosi di restare un’ora e mezza buona di sano divertimento, dopo un quarto d’ora di anomalo riscaldamento dove regista e sceneggiatori confondono un po’ le acque mascherandosi da emuli di Guy Ritchie.
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.