Spacciato per horror generico nel tentativo di allargarne almeno un po’ il bacino d’utenza, Living Hell è una sorta di atipico disaster movie in vaga salsa sci-fi.
Ci sarà un motivo, un motivo qualsiasi beninteso, alla base dei 26 anni che dividono l’esordio cinematografico di Richard Jefferies (Blood Tide,1982) da questa sua seconda prova dietro alla macchina da presa; un enormità in termini di tempo, che il nostro ha sostanzialmente riempito scrivendo sceneggiature un tanto al chilo (Scarecrows, The Vagrant, il thriller Oscure Presenza a Cold Creek).
Sono ormai trentatrè anni che l’insegnante Frank Sears (Johnathon Schaech) convive con un trauma bello tosto, quello del suicidio della madre, avvenuto in circostanze poco chiare e legato ad un misterioso segreto che collegherebbe a doppio filo la donna stessa, il padre di Frank, scienziato militare, ed un non meglio precisato progetto top secret. Un segreto che languirebbe dimenticato nei sotterranei di una base militare del New Mexico, se gli incauti militari di stanza lì non finissero accidentalmente per risvegliarlo, dando il via ad un incubo di incalcolabile portata, una vorace ed inarrestabile creatura che inizia ad inglobare con velocità esponenziale tutto ciò che gli si para davanti. Con il solo aiuto della bella e combattiva soldatessa Carrie (Erica Leerhsen), Frank scoprirà di essere l’unica persona in grado di arrrestare quello che sembra esser diventato un vero e proprio inferno sulla Terra, possibilmente prima che l’esercito decida di fare un bel repulisti atomico del New Mexico tutto. Alla luce di questo Living Hell – dove oltre a dirigere, scrive – ci piace pensare che il motivo risieda nella sua pessochè assoluta incapacità registica e narrativa. Chiaro e conciso. Spacciato per horror generico nel tentativo di allargarne almeno un po’ il bacino d’utenza, Living Hell è una sorta di atipico disaster movie in vaga salsa sci-fi, che riprende la classiche dinamiche in cui esercito e militari fanno la figura dei fessi combinaguai ed a salvare capra e cavoli ci pensano la soldatessa ribelle ed illuminata ed il nerd dal cuore di leone.
Sorretta da una sceneggiatura allegramente contraddittoria, la pellicola ha il non trascurabile merito di presentare quella che probabilmente è una delle minacce meno carismatiche che la storia del genere ricordi: un letale “batterio dal tasso di crescita abnorme“, che si presenta agli occhi dei terrorizzati soldati yankee sotto forma di vorace vitigno mutante in un’orribile ed impresentabile CG. Questo è Living Hell: mezz’ora di preparazione e di inapprezzabili sforzi di approfondimento narrativo – il flashback sul trauma infantile del caro Frank – ed un’oretta scarsa di CG tremendamente invasiva, ritmo da geriatria e due protagonisti che non fanno altro che fuggire come lepri dal suddetto vitigno nell’attesa che la sceneggiatura accorra in loro aiuto con una qualsiasi variabile risolutiva. Spunto che naturalmente non arriva mai, lasciando che la pellicola si trascini verso un’ovvia conclusione con l’entusiasmo che solo una sana agonia sa regalare, tolta una leggerissima impennata dei valori cardiaci nella scena in cui Erica Leerhsen, scoperte le proprietà immunizzanti del sangue del buon Frank(…), si spoglia e se ne ricopre da testa a piedi con una languida determinazione tutta da vedere.
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.