Introdotto da reali filmati di repertorio risalenti alla sciagura del 2004, Vinyan – fantasma in lingua thailandese – è l’ennesimo, bell’esempio di come, almeno oltralpe, un certo tipo di cinema horror sia possibile.
E’ ufficiale, trattasi di invasione in piena regola: anche Fabrice Du Welz, già regista del discreto Calvaire (2004), va ad aggiungersi alla legione di registi horror francofoni che si apprestano ad affollare il calendario della prossima stagione. E per il nuovo Vinyan, si è trasferito armi e bagagli fino in Thailandia.
Non avendo ancora superato la morte dell’amato figlioletto, scomparso durante lo tsunami che nel dicembre 2004 flagellò le coste del sud est asiatico, i coniugi Janet e Paul Behlmer fanno ritorno a Bangkok. Il corpo del bambino non è mai stato trovato: l’unica alternativa plausibile alla morte del piccolo è il rapimento per mano di una delle tante bande di pirati che hanno infestato la zona durante i concitati attimi conseguenti al maremoto. Imbeccata da un equivoco personaggio su una potenziale pista, la coppia, accompagnata da uno sparuto entourage, si spinge a nord, fino al cuore della giungla birmana. Una giungla pericolosa e letale, abitata da una misteriosa comunità di bambini selvaggi e habitat ideale per i personalissimi demoni dei protagonisti.
Introdotto da reali filmati di repertorio risalenti alla sciagura del 2004, Vinyan – fantasma in lingua thailandese – è l’ennesimo, bell’esempio di come, almeno oltralpe, un certo tipo di cinema horror sia possibile: budget mai stratosferici – 4 i milioni di dollari investiti, insieme di finanziamenti pubblici e privati -, attori emergenti dell’industria nazionale mescolati a figure di prim’ordine e la sensazione che, tra pellicole azzeccate ed immancabili flop, si stia assistendo alla nascita di qualcosa molto simile ad una scena vera e propria, certo derivativa, non per questo meno notevole.
Dopotutto, se si parla di modelli, anche Du Welz va a parare nei soliti dintorni:” Soprattutto per Calvaire, il mio punto di riferimento è stato The Texas Chainsaw Massacre, da lì ho poi cercato di sviluppare un discorso più personale. Anche per quanto riguarda Vinyan, sono partito dalle ghost story e dai thriller soprannaturali, per poi lanciarmi nel sondare nuovi territori. Non credo sia definibile horror nella comune accezione del termine. E’ semplicemente un nuovo esperimento. Nelle ghost story comuni, sono i fantasmi ad irrompere nel mondo reale. In Vinyan è l’esatto contrario: sono Janet e Paul Belhmer a scivolare lentamente in una realtà fantasma, strana, violenta e poetica, e dominata da bambini oltretutto, il cuore pulsante delle ossessioni della coppia. In sostanza, Vinyan è una storia di redenzione e liberazione, una redenzione dolorosa“. Sempre nelle parole del regista appare chiara una scelta di ambienti così particolare :” Vinyan è anche l’incontro/scontro tra due mentalità: quella occidentale, per cui la morte è il più saldo dei tabù, e quella orientale, per cui invece è un semplice tassello nel mosaico della vita“. Cosceneggiata dal regista e da Oliver Blackburn, la pellicola vede Emmanuelle Bèart (8 Donne e Un Mistero, Un Cuore in Inverno) e Rufus Sewell (Amazing Grace, The Holiday) nei panni dei protagonisti, coadiuvati da Julie Dreyfuss (la Sofie Fatale di Kill Bill Vol.1). Nonostante sia già in fase di postproduzione, pare che la pellicola non esordirà nelle sale francesi prima di gennaio 2009. Appena sotto, il primo trailer ed una galleria di immagini.
httpv://www.youtube.com/watch?v=fy1g0F9GZ10
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.