“La sfida maggiore è stata quella di riprendere determinate tematiche lasciate in sospeso nella parte finale da Batman Begins”.
Con il solidissimo Batman Begins Christopher Nolan ha dato una sonora lezione a noi inguaribili scettici, disarmando fucili preventivamente spianati e incassando gloria, onori e ciò che ancora gli mancava: la consacrazione presso il grande pubblico. Ora, dalle colonne di moviesonline.com, ci parla della sua ultima creatura, l’atteso The Dark Knight, in uscita il 18 luglio.
Dopo aver diretto con successo la prima pellicola, qual’è stata la più grande sfida del secondo episodio?
La sfida maggiore è stata quella di riprendere determinate tematiche lasciate in sospeso nella parte finale da Batman Begins: il concetto di un escalation che vedeva Batman protagonista nel tentativo di riconsegnare la città di Gotham ai suoi cittadini onesti. Inevitabilmente, doveva esserci una risposta criminale altrettanto forte, uguale e contaria, con una mente criminale che fosse all’altezza della situazione, ed è qui che entra in gioco il Joker. Il mio scopo principale è stato quello di portare tutto alle estreme conseguenze, così come la moralità dei suoi protagonisti, e vedere cosa ne sarebbe venuto fuori.
Quindi l’ambiguità morale è una tematica che hai deciso di affrontare…
Certo. Credo che la figura di Batman viva da sempre in un precario stato di equilibrio tra positività e negatività, naturali pulsioni che cerca di incanalare verso obbiettivi il più possibile giusti. E’ il più umano e quotidiano tra i dilemmi: in questo senso Joker è l’altra faccia della medaglia, un purissimo catalizzatore di malvagità.
Tu e Christian Bale eravate sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda l’evoluzione del personaggio di Batman?
Entrambi eravamo d’accordo sul fatto che questa figura di eroe avesse incredibili margini di sviluppo, e che dovesse essere spinta verso una nuova direzione. Christian è ormai entrato in assoluta simbiosi col personaggio: per lui non si tratta più di interpretare con professionalità una parte, ma di mettersi in gioco con qualcosa che sente assolutamente proprio.
E per quanto riguarda il cast antagonista? Cosa in Heath Ledger e Aaron Eckart ti ha convinto con potessero essere le persone giuste?
Con Heat avrei voluto lavorare da parecchio tempo, ma non se ne è mai fatto niente. Quello che mi servira per Joker era un attore dal talento straordinario – e lui con Brokeback Mountains ha dimostrato di averne parecchio. Avevo bisogno di qualcuno che fosse pronto ad interpretare non un semplice personaggio, ma un’icona vera e propria. Joker non è un personaggio dinamico, in evoluzione, ma un archetipo, un qualcosa di indiscutibilmente malvagio che entra brutalmente in scena e con cui tutti devono avere a che fare, proprio come lo squalo di Jaws. Ho pensato che il ruolo fosse nelle sue corde, e lui ha accettato ancora prima di vedere la sceneggiatura. Ci siamo subito trovati d’accordo sul conferire al personaggio le stimmate dell’anarchico, caotico prototipo del male, spinto esclusivamente da una una corrotta forma di fanatica, mortale ricerca del divertimento.
Il discorso per Aaron Eckart è invece l’esatto opposto: il personaggio di Harvey Dent/Due Facce, incarna buona parte del patrimonio emozionale della pellicola; è un personaggio assolutamente umano, quindi tragico, sfaccettato e multiforme, l’esatto opposto del Joker. In quest’ottica Aaron ha rappresentato la scelta ideale: è come se sotto l’interpretazione della tradizionale figura dell’eroe all’americana, ribollisse qualcos’altro di decisamente meno nobile e parecchio più umano, rabbia ed ambiguità soprattutto. Il mio scopo non era quello di ingannare il pubblico, di offrirgli un modello fittizio di eroismo a tutto tondo. Le carte sono scoperte sin dalle prime battute, si intuisce da subito tutto quello che la sua figura può offrire.
Come ti sei relazionato con The Dark Knight, il fumetto ufficiale da cui ha preso spunto?
Più che dal fumetto specifico, abbiamo preso ispirazione dall’intera produzione sviluppata intorno a Batman. In linea generale, quello che io, David Goyer e Johnatan Nolan abbiamo voluto ricreare è stato un insieme il più possibile coerente di 65 anni di fumetti e sceneggiatori molto diversi tra loro. Analizzandoli, siamo incappati in analogie, differenze, contraddizioni, vicoli ciechi. Da tutto questo abbiamo distillato le caratteristiche fondanti di ogni elemento in campo, e l’abbiamo fatto nella maniera più sincera e corretta possibile.
Sei da sempre un grande fan di James Bond. Hai inserito qualche elemento di quella serie nelle tua pellicola?
Sì, l’abbiamo fatto in entrambi i nostri Batman. Quello che adoro, ed è un taglio che hanno soprattutto le prime pellicole su James Bond, è che nonostante succedano sempre cose staordinarie, è come se in quei film le vicende non perdessero mai del tutto il contatto con un’impostazione realistica della narrazione. Questo è un elemento da classico film d’azione, ed ho voluto riprenderlo per entrambi i Batman, soprattutto nella scelta di non ambientare tutto il girato nelle ore notturne. L’aver posto l’accento sulla naturale alternanza tra giorno e notte, l’uno territorio di caccia del Joker, l’altra habitat naturale di Batman, ci ha consentito di sviluppare delle dinamiche interessanti nel rapporto tra l’eroe, il suo alter ego e l’antagonista.
Avete impostato la conclusione della vicenda in modo da suggerire agli spettatori che, nonostante tutto, i giochi non sono del tutto finiti?
Sapevo come sarebbe finito The Dark Knight ancora prima che avessimo completato la sceneggiatura. Ma più che la conclusione, la mia priorità era che il film fosse veramente completo, non che desse semplicemente un’impressione di completezza e di soluzione di continuità. E’ una conclusione che lascia una specifica sensazione, qualcosa che, nonostante le vicende fantastiche ed il gran numero di soggeti in gioco, rimanda e riferisce il tutto esclusivamente alla figura di Batman. Dopotutto questo era in nostro scopo: rendere i dovuti onori alla figura cardine della narrazione. Non ho conservato alcuna idea per un eventuale seguito: tutto quello che pensavamo potesse funzionare, l’abbiamo messo in The Dark Knight; del resto, girare la pellicola nella miglior maniera possibile non è nient’altro che il nostro compito.
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.