Si tratta di un prodotto che alterna momenti di grande maestria, ad alcuni un po’ meno riusciti; ma che, in definitiva non lascia l’amaro in bocca.
Mettetevi tranquilli: Il Cartaio è solo un brutto ricordo; questa volta il nostro Dario Argento riesce a dimostrare una ritrovata sicurezza (non priva di imperfezioni tuttavia) che da anni pareva più o meno smarrita. La terza madre è un Argento DOC, con tutti i pregi e i difetti che hanno accompagnato la carriera dell’artista romano e, nonostante l’accoglienza altalenante e discordante che inevitabilmente verrà riservata a tale prodotto (inadatto a certi palati), il fan e il simpatizzante potrà respirare una bella boccata d’ossigeno. Perché Argento è tornato in forma, ha ritrovato la voglia di fare e, questo, non può negarlo nessuno.
Veniamo alla trama: nei pressi del cimitero di Viterbo, durante dei lavori, viene rinvenuta per caso un’urna contenente alcuni strani oggetti e una tunica molto antica. Questi appartengono a Mater Lacrimarum (Moran Atias), la Madre delle Lacrime. Unica sopravvissuta delle tre potenti streghe che dall’alba dei tempi seminano terrore e morte, Mater Lacrimarum vive nascosta nei meandri di Roma. Il suo risveglio sarà accompagnato da un’ondata di male capace di mettere a ferro e fuoco le strade della capitale. La giovane studiosa di restauro Sarah Mandy (Asia Argento), si troverà coinvolta in questa vera e propria epidemia di violenza scoprendo a sue spese di essere legata a tali eventi più di quanto sospettasse. Sua madre Elisa Mandy (Daria Nicolodi), infatti, era una potente strega bianca uccisa brutalmente da Mater Suspiriorum, la strega di Friburgo. Sarah è l’unica che può affrontare e sconfiggere la Terza Madre.
Inutile cercare il capolavoro a tutti i costi, ci si “accontenti” di constatare che la trilogia delle Tre Madri abbia trovato, con questo film, una più che degna conclusione capace di far ben sperare sul futuro di Argento. Si tratta di un prodotto che alterna momenti di grande maestria, ad alcuni un po’ meno riusciti; ma che, in definitiva non lascia l’amaro in bocca. Convince la mano del maestro nel costruire scene di paura e violenza (tanto da meritare un applauso a metà film durante la proiezione alla Festa di Roma, quando con un colpo di coda ha fatto sobbalzare tutti dalla sedia) e nel manifestare senza grossi artifici il perturbante nascosto di alcuni scorci della città eterna, che nella normalità (chi vi scrive vive a Roma) paiono posti rassicuranti e tranquilli. Convincono in parte gli elementi fantastici presenti nel film: divertente la scimmietta, un po’ meno riuscito lo spirito guida della madre. Per quanto riguarda le sbrodolature, si tratta di roba da poco. Molti si potrebbero lamentare del fatto che non ci sia più la solita cura per le luci e le scenografie: esatto, non c’è la “solita” cura; ma ce n’è un’altra più spinta verso il realismo e non meno efficace delle precedente anche se ancora in stato embrionale. I pignoli potrebbero ravvisare le solite incongruenze di sceneggiatura (che comunque funziona molto molto meglio se paragonata a quelle degli ultimi film di Argento) e sempre i soliti pignoli potrebbero trovare la recitazione (anche in questo caso migliorata di molto) un po’ forzata in alcuni passaggi. Ma la pignoleria non è mai stata (mai) il modo migliore per guardare un film di Argento. Inutili le polemiche sull’eccesso di violenza, siamo veramente alle barzellette. Argento non è mai stato tenero nel costruire scene di sangue, da sempre è stato considerato il maestro delle morti violente. Nella Terza Madre non c’è molta più violenza che nelle sue prime pellicole (apparentemente meno gore, solo perché più datate), la differenza è che in questo caso (giustamente), tutto si è dovuto adeguare ai tempi: se Argento, in questo suo ultimo film, sembra abusare di sangue e frattaglie, bisogna prendere coscienza che si tratta solo di un “effetto ottico”.
Insomma, il Dario nazionale è tornato in sé e speriamo che questo sia l’inizio di una nuova escalation, non più verso il basso, ma verso l’alto. E ci sono buoni motivi per crederlo. Proprio in conferenza stampa, il maestro ha dichiarato di aver vissuto questo film come una liberazione; galvanizzato dalle ottime esperienze dei masters of horror, è tornato in Italia con la voglia di rimettere mano a un horror più deciso, abbandonando la strada dei gialli e dei polizieschi che ultimamente ha partorito (più per pressioni produttive che per reale ispirazione). Questa voglia di horror si vede tutta; nel film ci sono, oltre a streghe e fantasmi, anche creature deformi e alcuni quasi-zombi. Detto questo non mi resta che spingervi ad andare in sala per rendere omaggio al maestro, incoraggiandolo a proseguire per questa strada, dandogli quell’appoggio che negli ultimi tempi non ha avuto da nessuno (fucili spianati e facili ironie). E scusatemi se dicendo questo abbandono il “distacco critico” che un recensore dovrebbe sempre mantenere; ma come si dice a Roma: quando ce vo, ce vo!
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