Chi è rimasto deluso dal primo Hostel, risparmi i soldi del biglietto. Sul versante di ciò che convinse poco, infatti, non c’è nessuna novità.
La tanto attesa seconda parte di quello sfacelo sanguinolento che porta il nome di Hostel (e la firma di Eli Roth), ha fatto mostra di sé per continuare l’opera di sconvolgimento iniziata con il primo film; come prima, più di prima (?).
Possiamo subito dire che, questo Hostel part II, pur non presentando grossi cambiamenti, inserisce comunque qualche piccola novità in una struttura ben collaudata, che sembra seguire pedissequamente quella del primo episodio. Una delle cose che fa piacere constatare è che, in questo seguito, rispetto all’originale, l’omaggio al nostro cinema di genere si fa più sentito ed evidente.
Non solo per le comparsate di due vere e proprie icone di quel cinema che fu, come Edwige Fenech e Luc Merenda (in due ruoli storici: insegnante e investigatore), non solo per il simpatico cameo di Ruggero Deodato (nella geniale parte del cannibale), ma soprattutto per le citazioni prese in prestito dai nostrani film del così detto cinemabis. Quest’atmosfera da tributo nei confronti di quelle pellicole tricolori che oggi vengono definite “trash”, è una delle cose migliori che il film propone.
La storia comincia esattamente dove l’avevamo lasciata, ma basta un attimo e siamo altrove. Ci ritroviamo a seguire tre giovani americane, studentesse d’arte a Roma, che decidono di recarsi in viaggio a Praga per staccare la spina e concedersi un po’ di sano relax. L’ostello che scelgono per il soggiorno è, neanche a dirlo, quello del primo film. L’organizzazione criminale che concede esperienze di assassinio ai ricconi annoiati (che nel frattempo è cresciuta e si è sviluppata), si mette subito in moto. Le tre ragazze, adescate da bei giovanotti, finiranno tra le loro ignobili grinfie… Come si può constatare dalla trama, l’altra piccola novità che questo seguito si concede, è il cambio di sesso dei protagonisti: non più tre baldi giovanotti ma tre simpatiche fanciulle. Un horror tutto al femminile che modera, in parte, i modi goliardici dovuti ai ragazzacci del primo film e che, proprio per questo, si concede un tantino di profondità in più. Nonostante le dichiarazioni del regista (“Ci sarà più sangue…”), il film non sembra essere molto più violento del primo episodio: le scene gore – uso il termine “gore” non a caso: lo splatter presuppone una stilizzazione da fumetto che in questo film è totalmente assente – sono meno diffuse e si concentrano in alcuni grossi “blocchi” (molto ben realizzati e congegnati). C’è un pizzico di pudore in più nel mostrare le efferatezze, una sorta di freno che in alcuni momenti (tutto sommato pochi), porta il regista a “coprire” piuttosto che a mostrare (è il caso della morte di una delle tra ragazze, impallata dalla gigantesca testa pelata di uno dei guardiani). In ogni caso, chi ha gradito la scelleratezza brutale del primo episodio, avrà comunque di che gioire.
La trama si fa più articolata e cerca di approfondire alcuni retroscena seguendo (parallelamente alla vicenda delle tre ragazze) la storia di due carnefici, concedendo qualche sfaccettatura in più al receptionist dell’ostello e regalando qualche personaggio secondario di tutto rispetto. Non mancano scene divertenti e degne di nota: il già citato cameo di Deodato e una “insolita” partita a calcio. Insomma, tutto sommato, Hostel part II, per chi ha già gradito il primo film, può rivelarsi una piacevolissima sorpresa, forse migliore della precedente. Chi, invece, è rimasto deluso dal primo Hostel, risparmi i soldi del biglietto. Sul versante di ciò che convinse poco, infatti, non c’è nessuna novità. Primo: rimane il dubbio di un film basato su violenza gratuita. Secondo: rimangono gli stereotipi “regionali”: i treni italiani sembrano il bronx e l’intera popolazione nostrana è dipinta come uno sciamante gruppo di caciaroni dediti alla baldoria (scelta voluta?). Terzo: la trama per quanto meglio strutturata rispetto a quella del primo film, rimane sempre prossima allo zero. Alla luce di tutto ciò, servono a ben poco le dichiarazioni di Roth che intende il film come una contestazione all’attuale società: per contestare adeguatamente occorrerebbe qualche argomento in più, una maggiore aderenza alla realtà, una ricerca approfondita del nocciolo della situazione (lasciato un po’ a sé). Così com’è, il film, sembra essere tutta apparenza e, non supportato da un reale discorso, diventa semplicemente una collezione di torture malsane e morbose ritrovandosi (forse) a fare lo stesso gioco che intende criticare. Tuttavia, non si può dire che dietro la macchina ci sia il primo arrivato: Eli Roth conosce molto bene i meccanismi del genere e li sfrutta magistralmente. Al di là dell’odio-amore che questo film può suscitate, la stoffa del regista non si discute. Ma forse, ai detrattori di Hostel, questo potrebbe non bastare.
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Regia: Eli Roth
Sceneggiatura: Eli Roth
Interpreti: Lauren German, Roger Bart, Heather Matarazzo, Luc Merenda
Durata: 93 min.
DIstribuzione: Sony Pictures
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