Siamo in buone mani, mani sicure, dietro la macchina da presa c’è qualcuno che sa il fatto suo, e si percepisce.
Ultima fatica di Shinya Tsukamoto, il mitico regista di Tetsuo e Vital, capace di stupire e dividere. Nightmare Detective, presentato proprio quest’anno alla Festa del Cinema di Roma, è stato decretato un film shock dalla critica presente all’anteprima.
In realtà, il film, pur risultando per niente leggero, è molto meno forte di tante altre opere del regista. Si tratta di una sorta di rivisitazione in salsa Japan del Nightmare di Wes Craven; modello dal quale il bravo Tsukamoto riesce a distanziarsi, facendo apparire inutile ogni paragone. Keiko Kirishima è una grigia detective della polizia di Tokyo che si trova ad indagare su due misteriosi casi di suicidio. I due incidenti sembrano collegati: entrambe le vittime, prima di morire, hanno effettuato un’ultima telefonata al numero “0”. Keiko e il suo collega Wakamiya, per cercare di far luce sul caso, decidono di rivolgersi a Kyolchi, un tormentato ragazzo con la capacità di entrare nei sogni altrui…
Tsukamoto c’è, e si vede; la mano del maestro non vacilla. Costruisce scene dall’impatto ipnotico e riesce, per tutta la durata del film, ad infondere alle sequenze una efficacia robusta e autorevole. Mai sciatto o arruffato, sempre attento e tecnicamente ineccepibile. Mette in scena una storia di incubi e suicidi attraverso efficienti scelte stilistiche: la macchina a mano che controbilancia la patinatura di alcuni momenti e la fotografia quasi monocromatica che si squarcia spesso con colori accesissimi. Siamo in buone mani, mani sicure, dietro la macchina da presa c’è qualcuno che sa il fatto suo, e si percepisce. Quello che rischia di lasciare perplessi è, invece, la sceneggiatura scritta dallo stesso Tsukamoto. Il regista, in questa sua nuova creazione, sembra voglia mettere al bando l’illogicità dei suoi primi lavori, avvicinandosi a strutture narrative da J-horror più classico. Questo farà la felicità degli amanti del terrore made in Tokyo ma, molto probabilmente, provocherà un po’ di dispiacere agli “Tsukamoto fan” di vecchia data. A loro, potrebbe apparire come un tentativo di normalizzarsi. In effetti, Tsukamoto, con questo suo ultimo lavoro, sembra aver un po’ perso quell’aria misteriosa da sperimentatore folle, ma non drammatizziamo. Rinnovarsi è lecito e richiede il suo tempo, l’importante è non snaturarsi e fortunatamente Tsukamoto non lo fa (come dicevo: c’è e si vede). Per capire un po’ meglio dove intende andare a parare, occorrerà aspettare i suoi prossimi lavori. Intanto, guardiamoci questo Nightmare Detective, che non sarà per tutti i palati, ma una visione (anche di più) la merita sicuramente.
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